One strategy to rule them all
Febbraio 12, 2025Parliamo di email marketing in farmacia
Marzo 10, 2025Quali ditte per il tuo reparto cosmesi?
Qualche settimana fa sono stato invitato all’evento E-commerce Beauty & Pharma a Bologna.
Un evento di settore per tanti fornitori, imprese e farmacie – sia private che gruppi – che possiedono un e-commerce ad alti livelli.
Un evento molto tecnico, dove la qualità degli speech è stata elevata, e gli spunti utili non sono mancati.

Tra i vari input che ho ricevuto ce n’è stato uno che ieri mi è tornato, parlando con un cliente, e che quindi voglio condividere con te.
Il reparto cosmesi in farmacia, dicevamo.
La selezione dei prodotti al loro interno è un vero e proprio asset strategico.
Normalmente questa viene fatta seguendo le classiche linee guida:
- Un brand famoso
- Un brand high ticket
- Un brand su cui margino molto
- Un brand primo prezzo
Tutto bene fino a qui ma…si può fare di più?
Secondo me sì, ovviamente fin tanto che rimane in linea con le corde e le possibilità della farmacia.
Quello che abbiamo appena visto è l’approccio classico, la “all wheather strategy”.

La strategia che va sempre bene, sia che ci sia sole, sia che piova a dirotto.
E infatti non sono qui a dirti di stravolgerla.
No, ma possiamo forse fare qualche passo in più.
Perché lo dobbiamo fare, questo passo in più?
Semplicemente perché il mercato sta evolvendo.
Non dobbiamo più pensare al reparto dermocosmetico solo come quel mercato in cui il cliente target è la donna 30-60 anni, al netto di qualche variazione ma ci siamo capiti.
Il mercato sta crescendo, e molto.

E dobbiamo imparare a guardare a nuove categorie di utenti.
Un esempio sono tutte le ragazze più giovani che, a differenza di una volta, hanno potere d’acquisto e sono molto più influenzate dai media rispetto a quanto non lo fossero le ragazze anche solo della mia generazione.
Oggi anche la ragazza 20enne vuole quel tipo di prodotto e ha già le idee chiare.
Piccolo disclaimer: idee chiare non significa che ciò che vuole sia necessariamente la scelta giusta per lei. Anzi, negli ultimi mesi ho creato degli eventi in farmacia proprio per aiutare le persone a capire quali siano gli attivi, gli eccipienti, le componenti da ricercare e quali da cui stare lontane. In poche parole: come leggere un'etichetta. Ecco che per questa categoria di clienti c’è paradossalmente ancora più spazio per le tue consulenze.
Ma perché questo cliente ha già le idee chiare?
Perché quel prodotto, o quella linea, o brand lo ha visto online.
E non dal sito ufficiale del brand.
Ma da un creator (o influencer, se vogliamo utilizzare una terminologia più agée).
Una persona, di cui il nostro cliente si fida, che ha fatto uno o più contenuti consigliando quel prodotto per quel tipo di problematica, magari senza specificare che ogni pelle ha le sue caratteristiche ed esigenze.
Si perché non ha più senso, dico davvero, continuare a snobbare questi creator.
Che ci piaccia o no, che siano più o meno competenti su ciò che dicono, la realtà è che hanno un’influenza estrema sull’intenzione di acquisto delle persone.
Certo, possiamo dire “eh ma io ho una laurea”, “io queste cose le ho studiate”, ecc, ma la verità è che al cliente finale interessa sempre meno. È una questione di qualità percepita (ci arriviamo tra un attimo).
E ti dirò di più, non è neanche un fenomeno che interessa le più giovani.
Tutti, e dico tutti, siamo influenzati da qualcosa o qualcuno.
Il fatto che la creator economy sia cresciuta così tanto negli ultimi anni ha però portato le persone a vedere sotto un’altra ottica un fenomeno che c’è sempre stato, a credere che in molti casi sia fuffa, che non sia qualcosa di cui preoccuparci.
Ma in realtà è la stessa cosa di sempre.
Per fare un esempio che non c’entra nulla con la farmacia, hai presente i RayBan di Maverick in Top Gun?
Stessa cosa, quante persone sono state influenzate da Tom Cruise? Un’infinità.

E magari gli stavano pure male.

Semplicemente funziona così, oggi abbiamo solo dato un nome a questa economia.
Ma ritorniamo a noi. Perché ti sto parlando di questo all’interno del discorso su cosa inserire nel tuo reparto dermocosmetico?
Beh, forse l’hai anche già capito.
La selezione di prodotti che abbiamo in farmacia non può più tenere conto solo del blasone del brand.
Siamo nell’era dei microbrand, dei personal brand che vivono, e fanno anche più utili (ergo più clienti interessati che acquistano) delle aziende storiche.
Un esempio classico è VeraLab ma ne ho già parlato qui, ma non fermiamoci a questo.
Pensa a tutti quei brand più piccoli ma che hanno fatto la fortuna di realtà come Pinalli.
Loro sono stati pionieri in questo.
Negli ultimi anni ha puntato molto sul visual, quindi arredi premium (a differenza di Sephora ad esempio) e ha dato visibilità anche a brand più piccoli, portandosi a casa quindi anche un’altra categoria di clientela.

Ti sento: “eh ma la qualità di questi brand più piccoli”
Eh certo, la qualità, sono d’accordo ovviamente. Non dico che devi prendere il brand sconosciuto solo in quanto tale e disinteressarti della sua qualità.
Ma qui aggiungo anche un’altre che spesso vedo sottovalutare.
Non concentriamoci solo sul concetto di qualità.
La qualità dovrebbe essere un elemento oggettivo, vero? Le componenti che vanno a comporre quel prodotto mi dicono chiaramente se il prodotto è di qualità, giusto?
No. Sbagliato.
Lasciami spiegare.

La qualità, nella realtà, è un fattore soggettivo. La qualità è quasi sempre un fattore di percezione.
Io posso acquistare un prodotto perché mi fido ciecamente di quel brand, e per me l’allineamento personale che ho con i valori del brand o del fondatore è un elemento di qualità.
Per altri, la qualità è un buon prodotto ad un ottimo prezzo.
Per altri ancora è un prodotto dalle componenti ricercate ad un prezzo elevatissimo.
C’è anche chi percepisce la qualità solo quando gli viene spiegata, e la comprende, e non gli basta leggere sul cartellone “dermatologicamente testato”.
Non possiamo dunque permettere che le nostre scelte siano guidate solo dal concetto di qualità.
Certo, ha un peso strategico perché ci può differenziare dal mercato ma non limitiamoci solo a quello.
Sento anche un’altra obiezione: “Eh ma..non posso riempire il mio reparto cosmesi di tanti piccoli brand”
Chiaro, sono d’accordo con te anche qui, ma se mi hai letto bene, e se sono riuscito a trasmetterti il senso di questo articolo, il concetto è capire che il mercato (leggasi: cliente) dermocosmesi è cambiato.
E capire questo cambiamento è il primo passo che puoi fare per non perdere terreno e lavorare sulla tua strategia.
Chiaramente va scelto il brand, secondo linee guida della farmacia che rispondano a: composizione,facilità di proposta (giornate evento, packaging, materiale informativo), condizioni commerciali con i distributori, ecc; ma appunto dobbiamo tenere conto anche di fattori di mercato, che non necessariamente hanno fatto parte della nostra realtà nel passato.
E come facciamo tutto ciò?
Studiando il mercato per l’appunto.
Non aspettiamo che vengano i rappresentanti da noi a proporci le loro soluzioni mentre ascoltiamo passivi, o meglio aspettiamoli sì, ma con una consapevolezza di ciò che vogliamo per la nostra farmacia.

A chi vogliamo parlare? Quali sono i clienti che mi piacerebbe avere? Questa ditta è uno strumento per me per farmi arrivare dove voglio come posizionamento?
Sono ragionamenti non facili e per cui non c’è mai un’unica risposta semplice e definita.
Bisogna ragionare e interrogarsi costantemente.
Alla fine secondo me il bello di fare impresa, lo vedo anche io nel mio: avere una propria realtà e portarla dove vogliamo noi piuttosto che subire il mercato.
Se hai qualche considerazione a riguardo rispondimi a questa mail, ti leggo volentieri.
Alla prossima!
Grazie 🙂