Quali ditte per il tuo reparto cosmesi?
Febbraio 28, 2025Parliamo di email marketing in farmacia
La sindrome degli oggetti luccicanti (Shiny Object Syndrome) è quella tendenza, comune a tutti, a lasciarsi attrarre, o per meglio dire distrarre, costantemente da nuove idee, strumenti o opportunità, perdendo di vista gli obiettivi a lungo termine.
È a tutti gli effetti un fenomeno che riguarda tutti: imprenditori, professionisti, creativi e persino consumatori nella loro vita quotidiana.
E succede per un motivo.
Come al solito dobbiamo andare a guardare alle radici dell’evoluzione dell’essere umano. Come al solito è una questione ancestrale.
Che poi, se qualcuno non mi conosce pensa che questo progetto editoriale Caduceo parli di antropologia, invece no è solo marketing.
E per farlo bene dobbiamo andare ad indagare le radici della nostra specie.
Dicevamo, il nostro cervello è programmato per notare e inseguire ciò che brilla, si distingue o sembra nuovo e interessante. Questo perché, per i nostri antenati, individuare stimoli insoliti nell’ambiente poteva significare sopravvivenza:
- Un riflesso d’acqua indicava una fonte di idratazione essenziale
- Un cibo dal colore intenso poteva essere una risorsa nutriente (o una minaccia da valutare)
- Qualcosa di insolito all’orizzonte poteva segnalare un pericolo imminente
Questo meccanismo ha permesso alla nostra specie di prosperare, affinando la capacità di individuare rapidamente cambiamenti nell’ambiente e reagire di conseguenza. Ma nel mondo di oggi, questa inclinazione può diventare un problema.
Si perché siamo sempre attratti da ciò che luccica e, sebbene la vita dei nostri antenati poteva essere più dura, la nostra è certamente più complessa.
Tutto questo pippone preambolo per dirti che, anche se parliamo di marketing siamo sempre più attratti da ciò che luccica rispetto a ciò che potrebbe, anzi è, più interessante per noi.
E cosa luccica di più se non i social media?
Lo so io: le metriche dei social media.

Siamo ossessivamente attratti dai like che non ci ricordiamo neanche il perché siamo sui social, ma questo è un altro discorso a cui tengo molto che approfondisco nel prossimo pezzo.
Farsi guidare troppo dai like non ci porterà necessariamente un ritorno economico in farmacia, anzi, le metriche non sono per nulla correlate.
Forse perché il motivo per cui chiunque di noi mette like non ha nulla a che vedere con l’intenzione di acquisto, o forse per pura vanità, o forse perché, come ha detto
Francesco Oggiano, oggi “i social sono meno social” di ieri.
In poche parole se una volta mettevamo like anche per dare un segnale all’algoritmo affinché ci mostrasse più contenuti simili a quello (e contestualmente migliorare la nostra esperienza di navigazione), oggi gli algoritmi sono talmente sofisticati che sanno già tutto.
Possiamo anche non interagire con i post, e nemmeno iscriverci a quella pagina, e avremo comunque sempre tanti contenuti in linea con i nostri interessi.
Basta guardare al feed del nostro profilo personale di Instagram. Sono presenti solo contenuti che ci interessano, giusto?
Ma come dicevo lo shiny object è proprio il social media stesso che ci da la percezione di comunicare con efficacia a tutti.
La situazione però è più sottile.
I social media sono ormai luoghi troppo affollati per affidarsi solo ad essi per comunicare. Il nostro messaggio, qualunque esso sia, viene fisiologicamente annegato nel mare di contenuti che ognuno, come noi, pubblica.
In poche parole, se non siamo la multinazionale di turno, il nostro messaggio farà fatica a rimanere.
Intendiamoci, non significa che i social non servano, anzi!, ma con questi stiamo comunicando ad un altro livello del percorso del cliente (customer journey).
Se parliamo di farmacie i social media (a livello organico, non parlo di campagne di sponsorizzazione) non servono per vendere, ma per rimanere presenti nella testa delle persone.
È una questione di posizionamento.
È questione di occupare uno luogo che altrimenti sarebbe occupato da un nostro competitor.
È come avere uno spazio in un cartellone fuori dall’uscita della tangenziale e comunicare a tutti: cosa faccio, chi sono, quali prodotti ho, ecc.
Tutto bellissimo, ma manca una parte.
“Se costruisci un seguito sui social media, stai affittando un pubblico. Con l’email, lo possiedi.”
Seth Godin
Sì, perché non stai comunicando direttamente con i clienti.
Pensaci.
Quante volte il tuo post non incontra il favore dell’algoritmo e ottiene poche visualizzazioni?
Quante persone non raggiungo facendo questo?
In più considera una cosa: se una persona apre l’app dei social media generalmente è in un momento di pausa, in cui vuole solo staccare il cervello per qualche minuto: in altre parole la sua attenzione sarà ai minimi storici.
Diverso è il caso della newsletter.
Una mail che proviene dall’indirizzo di posta della tua farmacia di fiducia che parla a te, che ti racconta qualcosa, la leggi con maggiore consapevolezza rispetto ad uno dei tanti post che scorrono sotto il tuo pollice.
La newsletter è il più grande strumento di relazione, e successivamente di vendita che abbiamo.
Full stop.
È chiaro che, anche qui, dobbiamo utilizzarlo bene lo strumento, altrimenti l’effetto “cestina senza nemmeno guardare” è dietro l’angolo.
Detto questo, vorrei che ti concentrassi sulla differenza e sulla complementarità di questi due strumenti che utilizziamo nel famoso “funnel di vendita”.
Con uno andiamo ad intercettare un pubblico generico, ampio, ma freddo, con l’altro andiamo a parlare con chi ha già dimostrato interesse per noi (ci ha lasciato la mail) e che ha un grado di attenzione o consapevolezza maggiore.
Entrambi sono importanti nel piano di comunicazione della tua farmacia.
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